Benvenuti sul blog Phoesia

Sono lieto di condividere questo spazio personale con amici, conoscenti e lettori che maldestramente sono entrati in questa pagina. Sin dal 23 gennaio 2011, Phoesia offre riflessioni personali su molteplici temi quali poesia, letteratura, filosofia, arti plastiche, cinema, teatro e tanto altro ancora. Nonostante ciò, Phoesia resta uno spazio aperto alle riflessioni di chiunque abbia voglia di scrivere, in modo "impegnato", su queste tematiche. Un grande benvenuto a tutti!

20/10/11

17/10/11

INDIGNATI MA INCAZZATI

Domenica 15 ottobre 2011 Roma è stata teatro di uno spaccato di storia, a suo modo piuttosto significativo. I giornali ufficiali si allineano chi più chi meno accanitamente sulla tesi di una manifestazione di grandi proporzioni rovinata da alcuni black block, frange violente, misteriose e oscure che hanno tenuto sotto pressione per la durata d'un pomeriggio una delle città più importanti e storicamente strategiche del mondo come Roma. E' doveroso cercare di capire meglio cosa sia successo attraverso uno sguardo analitico, quasi scientifico sugli avvenimenti e sulla realtà storica che li ha prodotti.
A partire dal linguaggio, dalla percezione e dal contesto antropologico che ne hanno caratterizzato la mediatizzazione.
Prima di tutto il termine indignati, parola chiave di un contesto, anche linguistico, molto più ampio, internazionale. Il tratto dell'internazionalità rimanda ad un rapporto, un legame tra esseri umani che non si sono mai conosciuti, mai entrati in contatto tra di loro. Eppure fanno parte di un fenomeno comune, già storico e periodicizzabile. Il riferimento è a quella che è stata battezzata come primavera araba. Un'ondata di scontri che ha avuto come epicentro la Tunisia e che si è abbattuta giorno dopo giorno sui regimi nord-africani e medio-orientali più violenti e intolleranti fino al punto di rovesciarli, rivoluzionarli. Una marea lontana dal trovare fine e che trova proprio in questi giorni alcuni dei suoi momenti più drammatici nella guerra civile yemenita.
Ma torniamo al nome : indignati (indignados in Spagna, paese che ha per primo promosso l'utilizzo di questa parola). Essere indignati significa trovarsi in una posizione di sgomento rispetto a qualcosa che viene percepito come ingiusto, riprovevole. Linguisticamente, l'espressione essere indignato esprime un concetto di stato, di posizione. Essere indignati, ed essere molti, nel momento di crisi economica, istituzionale e politica che colpisce il mondo in questa sua fase storica è in sé un fatto degno di nota, importante. Essendo però un nome di stato, l'indignazione non esprime altro che il disprezzo verso una data cosa. Non contempla una reazione.
Le centinaia di migliaia di persone che hanno manifestato a Roma erano indignate. Ebbene, molte di queste persone non erano semplicemente indignate, ma anche incazzate. Incazzate nere.
Il noto buonismo all'italiana ha prevalso ancora una volta, almeno nei media. Tutti assolti, teppisti e black block unici responsabili. Pochi cattivi, e molti buoni tutto sommato. Ma nella realtà percettiva delle cose, nell'influenza immaginaria (delle immagini) sulla mente delle persone che assistevano stupidamente sorprese dalle violenze in tv, gli eventi di Roma hanno un peso molto diverso, molto importante.Riflettiamo su alcuni dei concetti propri alla linguistica e alle funzioni del linguaggio. Prima di tutto il concetto di canale, poi quello di messaggio e quindi la recezione (omettiamo per il momento il codice e il destinatario). Perchè l'immagine è un linguaggio, e come tale va trattata. Il canale è evidentemente il mezzo attraverso il quale il messaggio può essere emesso. A Roma il canale è stato un folto gruppo di giovani (stime interne, prese dal sito infoaut.org, parlano di 4000-5000 individui che hanno partecipato attivamente alla sommossa, non qualche casinista quindi), vestiti di nero, ma non sistematicamente, che ha lanciato petardi, incendiato vetture, combattuto primitivamente (il lancio di pietre è un gesto primitivo, essenziale e naturale) la polizia, lanciato fumogeni eccetera. Il parametro messaggio è molto complicato : si tratta di un mix di elementi di storia del pensiero, quello anarchico (potremmo citare forse impropriamente Max Stirner tra gli altri), di storia politica (la neo-cultura dell'antifascismo primariamente), antropologica (lo strutturalismo di Levi Strauss), economica (il riferimento obbligatorio è Marx), filosofica (Althausser), filosofico-giornalistica (J.P. Sartre ma anche Lévi), poetica (la rottura delle avanguardie storiche). Non è improprio definirlo un messaggio romantico. Nel suo senso storico e culturale (rif al post precedente). Questo brevissimo elenco è ampiamente incompleto. Si tratta solamente di una serie di indizi e rimandi utili a renderne la complessità.
L'altro parametro fondamentale è la ricezione. Ed è il più difficile ad analizzare. Per dirla d'una maniera inesaustiva potremmo parlare di presenza. Il pubblico, ammaestrato dalla Società dello Spettacolo ad una visualizzazione gretta e superficiale delle immagini ha comunque, inevitabilmente, inconscientemente percepito una presenza. Una presenza che rimanda ad un'energia incontrollabile, naturale, sovrastrutturale e casuale. Contrariamente alla superficiale opinione della gran parte dei giornali di destra e sinistra (Repubblica ha dato segno di grande povertà intellettuale e miopia generale, a confermare l'assenza di grandi piume in un giornale oramai in decadenza da anni) è proprio sul piano della ricezione del messaggio che le violenze dei ragazzi di Roma hanno vinto la loro battaglia. Il pubblico ha percepito una presenza che fa parte di un immaginario e cha ha riportato la coscienza addormentata di milioni di cittadini a uno scenario primordiale, inconscientemente presente in quello che Jung definiva l' inconscio collettivo. Uno scenario che nel corso degli anni non ha mai cessato di riproporsi sotto forme e strategie differenti. Approfondiremo in un altro momento il concetto di scenario.

Questo post non vuole assolutamente farsi oggettivazione, critica. Questo post pretende di essere identificato come un discorso sulla realtà, sui fatti. Uno studio (per altro molto poco approfondito per esigenze temporali e spaziali) su una serie di avvenimenti che ha forse mostrato una generazione in preda al dubbio, all'incertezza. Una generazione cresciuta sotto la pressione di una dittatura politico/percettiva come quella italiana. Una generazione che si sta riprendendo il suo posto, espropriato da un governo che adotta come pratica ordinaria il malaffare, il clientelarismo e la violazione sistematica della dignità socio-culturale umana. Riprenderemo successivamente i concetti proposti per analizzarli in modo più approfondito.