"Primavera araba" è l'espressione che rimbalza sui tutti i giornali francesi e non solo. Il richiamo alla storia è evidente. Dopo il "Mai '68" et la "Primavera di Praga", il ventunesimo secolo conosce la sua prima vera "primavera". L'allusione riguarda i grandi movimenti rivoluzionari che stanno voltanto pagina nei paesi nord-africani e medio-orientali. Ma "primavera" indica anche una volontà etica di scardinare i poteri costituiti, in nome di un'emancipazione irreprensibile. La primavera si farà sentire molto a livello di costumi e coscienza della forza della libertà. I paesi arabi, uno dopo l'altro, hanno riportato l'occidente verso una storia politica che sembrava quasi dimenticata. Il grande motore delle rivolte sono stati i giovani, masse di giovani con la volontà di unirsi per un obiettivo, un ideale forte da perseguire senza ripensamenti. A più di 40 anni dai movimenti studenteschi e operai del 1968, le nuove generazioni del mondo arabo fanno sentire la loro voce ai potenti controllori dei loro stati.
Innanzi tutto conflitto generazionale: il giovane contro il vecchio, o meglio, il progressismo contro il conservatorismo. A distanza di due generazioni solamente, il progresso nella mentalità dei giovani ha creato uno scarto con la precedente maniera di pensare: i punti d'incontro sono mancati e lo strappo è stato inevitabile.
Eppure, per la "Primavera araba" il rischio del fallimento è sempre presente. La storia ritorna, volteggia su se stessa per decine d'anni, e infine fa una pausa, ricadendo con il suo cinismo. Il pericolo di un'ingerenza occidentale è stato chiaro fin dall'inizio e in certe situazioni ha preso il sopravvento infine. Restare immuni dalle grandi società capitaliste è quasi impossibile. Francia, Stati Uniti e Inghilterra giocano il ruolo che la storia ha accordato loro. Un ruolo che non cambia mai, che si traveste, indossa maschere, rende ipocrita ogni discussione. La ballerina, per loro, ha smesso di volteggiare. Forse era troppo vecchia, forse troppo stanca. La stanchezza è il peso dei paesi europei. I giovani, sebbene giovani, sono stanchi. Il peso di una storia troppo lunga ha annichilito la possibilità di sperare di cambiare ancora.
La "Primavera araba" deve servirci come stimolo. Loro hanno tentato e a volte riuscito nell'impresa di credere in un mondo diverso. Sapremo fare lo stesso?