Michelangelo Antonioni firma nel 1961 uno dei suoi grandi capolavori: "La notte". Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau, e poi, Monica Vitti.
La bellezza della pellicola passa attraverso la sua lentezza, la sua capacità di lasciar decidere, di togliere il tempo del film per renderlo allo spettatore/attore. Gli stati d'animo dei protagonisti affiorano grazie all'incredibile corrispondenza paesaggistica. Un rapporto univoco tra immagine e immagine, metafora e metafora.
Antonioni si mostra autore d'avanguardia, capace di andare al di là degli stadi descrittivi, oltre i confini della rappresentazione attraverso la dissolvenza della stessa rappresentazione tradizionale. "La notte", pietra miliare del cinema mondiale, è un gigantesco specchio rivolto verso una società borghese in via di espansione, dove denaro e successo prendono, in crescendo, minuti alla vita e al suo divenire.
Il settimo lungometraggio del regista italiano, vincitore dell' Orso d'Oro al Festival del cinema di Berlino come "Miglior film", evidenzia lo spessore culturale del belpaese in un'epoca forse irripetibile di grandi maestri. Quello stesso spessore culturale che rende oggi come oggi il disastro in corso nelle arti italiane, dove soppravivono, come specie rare, solo pochissime eccezioni. Segno che Antonioni era poeta vero, e come tale è eterna la sua opera.
La bellezza della pellicola passa attraverso la sua lentezza, la sua capacità di lasciar decidere, di togliere il tempo del film per renderlo allo spettatore/attore. Gli stati d'animo dei protagonisti affiorano grazie all'incredibile corrispondenza paesaggistica. Un rapporto univoco tra immagine e immagine, metafora e metafora.
Antonioni si mostra autore d'avanguardia, capace di andare al di là degli stadi descrittivi, oltre i confini della rappresentazione attraverso la dissolvenza della stessa rappresentazione tradizionale. "La notte", pietra miliare del cinema mondiale, è un gigantesco specchio rivolto verso una società borghese in via di espansione, dove denaro e successo prendono, in crescendo, minuti alla vita e al suo divenire.
Il settimo lungometraggio del regista italiano, vincitore dell' Orso d'Oro al Festival del cinema di Berlino come "Miglior film", evidenzia lo spessore culturale del belpaese in un'epoca forse irripetibile di grandi maestri. Quello stesso spessore culturale che rende oggi come oggi il disastro in corso nelle arti italiane, dove soppravivono, come specie rare, solo pochissime eccezioni. Segno che Antonioni era poeta vero, e come tale è eterna la sua opera.