NIETZSCHE CONTRO WAGNER
All'Opera di Lille è andato in scena l'attesissima "Tragedy of a Friendship" di Jan Fabre, artista poliedrico e avanguardista, che irrompe sul palcoscenico con la sua ultima creazione.
"Tragedy of a Friendship" suona subito come un avvertimento allo spettatore, che deve fin dall'inizio abbandonarsi ad un clima surreale e a non senses da far sbandare anche gli habitués dell'assurdo. La tragedia in questione è quella che porta un Nietzsche agli inizi della feroce malattia che lo porterà alla pazzia negli anni seguenti ad esprimersi contro Richard Wagner, in uno dei testi più violenti scritti dal filosofo tedesco : Il caso Wagner (1888).
Nietzsche inizia a fare i conti con certi problemi mentali oltre che fisici (dovuti al bipolarismo, probabilmente alla sifilide e forse anche alla presenza di un meningioma e ad altre malattie neurodegenerative), problemi che culmineranno nel primo collasso mentale del filosofo a Torino, nel 1889. Jan Fabre si fa esploratore degli abissi della mente di Nietzsche, mettendone in mostra gli estremi, le perversioni, gli incubi. Calando la sala in un'opaca sensazione onirica, Fabre mette dapprima nell'angolino lo spettatore, poi lo pugnala alla schiena, dove è sicuro di far male. Risultato spietato, quando dopo venti minuti dall'inizio della rappresentazione una buona quindicina di spettatori della platea lascia il proprio posto. La scena in questione mostra una realistica violenza sessuale di gruppo ai danni di una giovane ragazza, curata in ogni minimo dettaglio. Gli uomini in scena sono nudi, gridano, rivelano il loro istinto animelesco e la loro perversione all'aumentare delle grida della ragazza. La dialettica reale/irreale finisce per provocare una forte identificazione da parte dello spettatore che, ormai distratto dalla quotidianeità, transferisce inconscientemente la sua verità sulla scena.
Sulle decadenti note wagneriane, la follia di Nietzsche peggiora di minuto in minuto, costringendo lo spettatore alla lettura della traduzione francese del canto lirico sulle apposite lavagne luminose, per non perdersi nel vortice della follia del filosofo.
Il tema della sessualità, per lo più perversa, ma a tratti sincera e poco stilizzata, percorre tutte le tre ore e quindici minuti della duarata dell'opera. Bisogna dire che ricevere una cosi massiccia dose di malefico surreale senza neanche una pausa sigaretta ti costringe a volte a concentrarti su di almeno un buon bicchier d'acqua !
Niente da eccepire, Fabre torna per provocare il pubblico, e lo fa nella maniera migliore, costringendolo davanti a verità meschine durante certe lunghe (forse troppo) fasi ripetitive realizzate sul palcoscienico. Se dal punto di vista dello sforzo formale, artistico e poetico il risultato è eccellente, resta da discutere della scenografia e degli attori.
Questi ultimi sono chiamati a uno sforzo fisico davvero importante, e cio' finisce inevitabilmente per ripercuotersi sulle loro prestazioni in certi passaggi. Da apprezzare sono comunque le forme create dai ballerini e ballerine, che portano in seno una forte poeticità e la fluidità irrazionale del pensiero nietzschiano. Il palco è dominato dalla presenza di due ampolle giganti piazzate alle estremità. Queste partecipano in modo essenziale alla creazione di un'atmosfera surreale. Per il resto, la scenografia è ridotta al minimo e questo, resta forse uno dei limiti di questa rappresentazione. Da notare la scarsa rendita delle immagini proiettate sul fondo del teatro, certamente volute da Jan Fabre, ma di modesto impatto (si poteva fare meglio credo).
Insomma, Tragedy of a Friendship è un'opera densa e difficilmente accessibile. Da un lato la difficile controversia sull'amizia tra Wagner e Nietzsche, dall'altro la ricerca esasperata di un'arte sperimentale, molto deviata rispetto ai canoni classici.
L'impressione è che anche il pur emancipato pubblico di Lille si sia trovato davanti a qualcosa di diverso e difficile da digerire. Alla fine gli applausi ci sono, ma il bis dei ballerini è artificiale, senza una vera acclamazione degli spettatori.
Segno che la performance teatrale ha funzionato, provocando il rifiuto del pubblico, ferito nelle corde del proprio inconscio.
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