Come d'abitudine da un po' di tempo a questa parte, mi sono recato anche stasera davanti ad uno dei teatri di Parigi che a turno mi capitano al fine di consegnare flyers musicali, in questo caso La bouffe du Nord. Dopo un'oretta di consuetudinario volantinaggio (con annunciazione vocale annessa), una signora mi si è avvicinata. Non più giovane, essa conservava ancora un notevole fascino alla francese e i suoi occhi profondi mi hanno colpito immediatamente.
"Vuole entrare al concerto? Ho un biglietto in più..."
Istintivamente ho risposto di si, dopo tutto non capita spesso di entrare gratuitamente in un teatro così costoso per vedere un concerto. Appena scaduto il tempo dei flyers ho così preso il mio zainetto e sono entrato.
Il primo scorcio della platea è stato mozzafiato. Era veramente un bel po' di tempo che non vedevo un posto così bello. La Bouffe du Nord è un teatro costruito nel 1876 dall'architetto Louis-Marie Emile Leménil. Non ebbe mai molto successo di fronte alla grandeur dei tanti teatri parigi, almeno fino alla sua riscoperta nel 1974. Fu soprattutto grazie a Peter Brook e Micheline Rozan che cominciò a divenire uno dei luoghi simbolo della Ville Lumière. La Bouffe du Nord si presenta come un teatro in stile quasi veneziano dell'epoca di Goldoni. Dall'aspetto rude, quasi malconcio, poco ristrutturato, proietta lo spettatore indietro di due secoli buoni. Il suo fascino è indescrivibile, l'atmosfera è da vaudeville rivoluzionario. Insomma, mai visto un teatro così in vita mia.
Prendo posto in Balcone e dopo poco la signora del biglietto mi raggiunge. Le chiedo cosa c'è questa sera e lei risponde che canta Daphné. Mi spiega in breve la storia della cantante francese e iniziamo così una piacevolissima conversazione. Dopo un po', ecco che inizia il concerto. Daphné è bellissima, e la sua voce incanta. Le luci contornano con maestria la sua figura e le ombre del suo profilo scolpiscono la tenda bianca dietro di lei. La musica è sublime, tra violini e violoncelli, piano e chitarra, xilofono e batteria, trovano posto molti tocchi di sperimentazione sul suono accompagnati da qualche dissonanza arrangiata ad arte.
In breve, la serata si rivela meravigliosa, improvvisata, da godere. Il momento culmine, almeno per me, è nell'interpretazione di Daphné di un pezzo di Charles Aznavour, del quale però in questo momento non ricordo il titolo.
Sono queste le serate in cui esco di casa malinconico maledicendo le centinaia di volantini che ho in mano, per poi amare ogni secondo della stessa serata, una qualunque è vero, ma un po' più speciale delle altre.
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